Mio padre, malato, faceva sempre più fatica ad accettare la mia lontananza. Mia sorella era ritornata definitivamente in Italia, ed io ero l’unico che poteva occuparsi di lui. Ero preoccupato e angosciato. Lottavo contro il mio desiderio di carriera .Non potevo abbandonare però mio padre. Lo amavo.
In quel periodo ebbi molte offerte di lavoro. Rinunciai a suonare con Little Richard e Janis Joplin. Lasciai Wilson Pickett alla fine del mio secondo anno di tour, salutai il gruppo a Vancouver e mi misi in viaggio verso casa e verso una nuova musica che sentivo crescere in me.
Riorganizzai la mia vita. Mio padre occupava una parte importante della mia quotidianità, ma cominciai a muovermi sulla scena musicale di Montreal. Non impiegai molto tempo a trovare dei bravi musicisti e formai una nuova band “The Influence” che cominciò presto a farsi conoscere. Eravamo richiesti nei club di Toronto e Bernie Congleman ci mise sotto contratto.

Incidemmo il nostro primo album al Bell Studio di New York. In copertina solo il nome della band “The Influence”. Attirammo talmente tanto l’attenzione e l’interesse che ci chiesero di aprire i tour dei Doors e dei Steppenwolf.

In seguito non tutto funzionò fra di noi e decidemmo di separarci.
Ritornai a New York e mi unì a Buddy Myles e gli Express che erano in tour nei college americani.
Incidemmo un album. Uno dei membri del gruppo era Billy Cox. E’ stato per me un grande onore aver vissuto con lui così tanti momenti creativi. L’album conteneva la versione originale di “Them Changes”. Questa canzone fu poi ripresa da Jimi Hendrix con Buddy and Billy al Filmore East nell’album della Band of Gypsies.

Il mio lavoro con Buddy mi portò molte offerte interessanti, come quella dei Three Dog Night,che mi chiesero di entrare a far parte del loro gruppo. Dovetti rifiutare. Troppo impegnativo per la mia situazione familiare.
La fine del mio tour con Buddy fu esaltante. Lavoravamo con Hendrix per l’album della Band of Gypsies. Conoscere Jimy e suonare con lui fu un piacere enorme.Ma i continui viaggi non erano sostenibili e così decisi di mettermi in proprio.

Nel 1971, misi in pista un trio veramente forte chiamato Charlee. La RCA ci volle mettere subito sotto contratto ed incidemmo un album intitolandolo semplicemente Charlee. Doug Preringle della CHOM FM di Montreal lo lanciò all’interno della rubrica Rock FM una neo stazione di quegli anni. Una delle canzoni dal titolo “Lord Knows I’ve Won” per tre settimane fu la numero 1 in Australia.
Visto il successo i New York Dolls ci chiesero di fare il tour con loro. Arrivò persino un’offerta inaspettata dall’Inghilterra ! Fui convocato da Yvan Deschenes, allora presidente di RCA Quebec. Venni informato che l’agente di David Bowie, Tony De Fries mi aveva sentito suonare nello studio di registrazione della RCA a Montreal e voleva che io entrassi a far parte della band di Bowie che si stava preparando per lo Ziggy Stardust Tour. Declinare questa offerta fu per me difficilissimo, ma non potevo lasciare mio padre.

I Charlee continuavano a mietere successi ed io cominciavo a ritagliarmi un mio spazio nel panorama musicale, anche se l’industria discografica aveva qualche difficoltà a catalogare il mio stile e la mia musica. Ancora oggi ripensando a quel periodo della mia vita mi sembra pazzesco tutto quello che è accaduto.

Un dj di Dayton nell’Ohio (un posto sperduto nel mondo!), si innamorò dell’album e gli diede ampio spazio in radio. Furono vendute 6.000 copie dell’album in una settimana in un solo negozio di dischi. Da non crederci ... Per una band di importazione, misconosciuta, era un fatto eccezionale.Purtroppo come succede sovente nelle band, gli obiettivi dei componenti del gruppo finirono per non collimare. La band si sciolse ed io ritornai a Toronto dove incontrai Luke Gibson. Entrai a far parte della sua band chiamata Luke and the Apostles. Fummo come un uragano che colpì Toronto. Partecipammo allo Strawberry Fields Pop Festival, davanti ad una folla di oltre 275,000 persone. Questo straordinario evento accaddeva due anni dopo Woodstock. Le sue vibrazioni echeggiavano ancora. Fu un momento magico ed indimenticabile per il gruppo e per me. La GBX, che produceva amplificatori, voleva farsi conoscere fornendoci l’attrezzatura. Era la grande occasione. Era mezzanotte quando salimmo sul palco presentati sotto tono come una band locale. Il pubblico rimase folgorato dalla musica e dal suono di 36 amplificatori GBX, spalleggiati da due set di batteria della Ludwig. Nessuno presente al concerto in quella storica notte potrà mai dimenticare quell’esperienza elettrizzante ed unica. Bernie Finkelstein ci procurò un provino all’Undano in New York per la CBS Records.Avevamo preso finalmente il volo quando Luke decise di ritirarsi in campagna e cambiare vita. Tutto il lavoro e tutte le speranze svanirono.

 

I due anni e mezzo passati a Toronto furono belli ed interessanti. Conobbi persone speciali e di grande talento quali Domenic Troiano, Val Stevens, Doug Riley, King Biscuit Boy, Cathy Young, David Clayton dei Blood Sweet and Tears. Sono ancora vivi nei miei ricordi.
Ritornai a casa a Montreal. Lavorai incessantemente negli studio di registrazione. Ero richiestissimo. Lavorai fra gli altri anche con Tony Roman di Canusa Records e per Ives Lapierre di Studio Tempo.
Questi due studio si spartivano la quasi totalità delle registrazioni degli artisti franco canadesi di quel tempo. Spesso tornavo negli Stati Uniti per suonare con Buddy Miles.
Poi l’inevitabile accadde. Mio padre ebbe un grave attacco di cardiaco. Da quel momento in poi Augusto ed io fummo inseparabili!

Nel 1974 conobbi Michel Pagliaro. Formammo una nuova band “The Rockers”, insieme a Marty Simon, Dwane Ford, Buster Jones.
Michel a quel tempo aveva fatto centro con una canzone francese intitolata “J’attend frapper”. Questo successo, unitamente alla popolarità di due canzoni “Rain Showers” e “ Loving you ain’t so easy” dettero a Michel un alto profilo.

Di fatto appena formammo i Rockers, fummo subito molto richiesti dalle televisioni e gli spettacoli registravano sempre il tutto esaurito.
La CBS ci mise sotto contratto per 3 nuovi album. Registrammo il primo nello stesso studio in cui Elton John, stava registrando il suo album Yellow Brick Road: il prestigioso Le Chateau Studio in Francia. L’anno successivo, due importanti eventi diedero uno scossone alla mia vita. Il primo, tragico ed ineluttabile, fu la morte di mio padre: il vuoto che lasciò nella mia vita non è mai stato del tutto colmato. La sua dipartita però la vissi come l’ennesimo suo dono. Intrapresi la carriera di solista.
Parlai con George Lagios. Il mio momento era veramente e finalmente arrivato. Potevo scrivere, interpretare, registrare la “mia” musica. Fu così che nel 1976 firmai un contratto con Aquarius Records, allora diretta da Donald K. Donald, Terry Flood e Bob Rags. Ora “ abitavo” sotto lo stesso tetto degli April Wine.
Dal 76/77 ero in sala di incisione nello Studio Phase One di Toronto.

I miei produttori erano George Lagios e Michel Pagliaro. Il mio primo album lo chiamai semplicemente Walter Rossi. (dove ebbi il privilegio di essere il primo al mondo ad introdurre il “Talk Box”. Prodotto da Peter Traynor, fondatore di Traynor Amplifiers che mi confessò di averlo ideato pensando alla mia musica. Utilizzai il “ Talk Box” nella mia canzone “Dance With Me” e nella canzone di Pagliaro “Chateau d’Espagne”. Fu poi usata da Peter Frampton nel suo singolo “Do you feel alright”).
Il mio primo album da solista ebbe un discreto successo di pubblico e di critica. Martin Melkiush, David Farrel, Ritchie York e Juan Rodriguez , mi aiutarono ad accrescere l’interesse. Fui chiamato per esibirmi in apertura del concerto degli Stampeders... parlando di stili diversi e opposti!!!
Il risultato fu la nomination al Juno Awards nel 1977.
Nel frattempo continuavo il mio lavoro di chitarrista negli studio di registrazione.

Fu il mio secondo album che però cambiò la mia vita. Nel ‘78, ispirato da artisti come i Pink Floyd, Supertramp e Genesis, scrissi in soli 30 minuti una canzone intitolata “Soldiers In The Night” chiuso in un bagno arredato da orribili piastrelle con una chitarra acustica della Ovation.
Appena sentita la canzone, George Lagios mi portò allo Studio Tempo di Pte-St. Charles e tre settimane dopo avevo finito il nuovo album. Mancava il titolo. Ma l’orribile bagno ispiratore mi suggerì ancora: “Six Strings, Nine Lives”. La veste grafica della copertina fu azzeccatissima. La mia chitarra Gibson Les Paul Custom troneggiava bella, nuda sulla cover. Di fatto prima dell’avvento dei CD, i costi di produzione della mia cover furono i più alti mai registrati per la copertina di un album.

Il successo di “ Six Strings, Nine Lives” fu immediato. La copertura radio, straordinaria. Le critiche ottime.

Prima che potessi metabolizzare questo risultato così sognato e voluto, ero già in pista, macinando miglia e miglia, esibendomi in piccole e grandi città con il tutto esaurito ad ogni spettacolo. Venni nominato agli Juno Awards del 79. Vinsi un premio nella categoria del più promettente vocalist. Quello stesso anno l’album ebbe anche una nomination ai Felix Awards e vinse nella categoria Album Art Division.
Ero sempre in tournée. Riempivo tutte le sale, ogni minimo spazio, dovunque mi esibissi con la mia band.
La gente era sempre con me.

Amavo e amo i miei fan. Sono stati la sola vera famiglia che io abbia avuto. Hanno sempre apprezzato ciò che offrivo loro e chi io fossi realmente: un bambino grande, timido, cresciuto in fretta che amava sopra ogni cosa suonare la sua chitarra.
Non mi sono mai sentito solo. Sia durante gli spettacoli, sia nelle sale di incisione o nei bar dopo gli show, avevo sempre gli amici e miei fan vicini. Questo calore riempiva la mia vita insieme alla mia musica.
La vita è così imprevedibile, così piena di sorprese.
All’epoca accadde un fatto curioso: la mia vecchia chitarra Gibson Les Paul, divenne più nota del mio viso. Strano, ma forse era giusto così .... dopotutto la mia chitarra è stata la mia compagna di vita e la mia migliore amica. Ha sempre viaggiato con me... quante strade polverose ha visto da quando avevo 18 anni!
Mi ha dato le gioie più grandi e mi ha fatto riflettere sul senso della vita e sul mio valore di uomo e di musicista. Mi ha dato conforto e ispirazione nei momenti più bui della mia esistenza.
Sapere che i miei fan non mi hanno mai abbandonato e che hanno creato una associazione dedicata a me, è il più grande gesto di riconoscimento che io potevo mai sperare nella vita.
Grazie, con tutto il cuore.

 

P.S.
Vi ho fatto partecipe dell’inizio della mia storia di artista. Ripercorrere la mia vita, gli alti e i bassi, le delusioni, le speranze, i primi successi è stato per me emozionante.
Mi auguro che la mia esperienza possa essere di aiuto e di conforto a qualche persona lì fuori che forse aspetta solo quella piccola spinta per esprimersi attraverso le note, attraverso la musica.

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